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Progettare la filiera prestampa/stampa attraverso un PDF standard adeguato

L'argomento è molto complesso e l'articolo vuole dare una risposta ai tanti misunderstanding della filiera nella quale molti si sentono vittima di inefficienze di cui sono spesso loro stessi causa. Eppure basterebbe che ognuno facesse quello che gli compete e tutto sarebbe più semplice e certo. La tecnologia unita alle buone pratiche hanno dato una risposta a tutto (o quasi), ma è previsto che ognuno faccia la propria parte, cosa che non si verifica ancora a sufficienza. È soprattutto una mancanza di informazioni, mai date dalla scuola, che trascina in un groviglio di lamentele quasi tutti gli attori della filiera che preferiscono lamentarsi delle inefficienze altrui, a monte o a valle, piuttosto che imparare a fare la loro parte.
Non si capirebbe altrimenti il motivo di tante incomprensioni quando basterebbe che i grafici generassero PDF/X consapevoli e gli stampatori allineassero i loro impianti agli standard.

A commento di un articolo/pillola sulla generazione del PDF pubblicato in LinkedIn Leonardo Nardelli ha posto questa domanda: Buongiorno, ma se il mio riferimento è Fogra 39, non dovrei salvare il pdf con questo setup e poi il rip di destinazione lo linearizza per l’output finale? Ho molti stampatori, per materiali stampati diversi con la stessa immagine, come faccio ad attribuire ad ogni pdf il setup di ogni stampatore? E poi, se lo stampatore non è così evoluto, e non ha il suo setup, quale dovrei utilizzare? Combatto quotidianamente con questi problemi.

La risposta, quasi sconsolata, è stata questa: Questo è un problema irrisolto e, allo stato delle scarse competenze generalizzate, irrisolvibile. Per le immagini, tenuto conto che oramai tutti i RIP si comportano bene rispetto agli RGB, la soluzione potrebbe essere quella di lasciarle in quella modalità, salvo che non sia stato necessario fare un lavoro di fotolito sul canale del nero. Il problema però potrebbe ritrovarsi sulle grafiche vettoriali che pure loro risentono di una diversa conversione. Tra le Joboption scaricabili dal nostro sito ci sono anche quelle adatte per FOGRA39 ma le variabili sono tali e tante che potrebbe non essere sufficiente. Mi riprometto di riprendere l'argomento in modo organico in uno dei prossimi articoli.

Ed eccomi qui a tentare di dare una risposta al quesito. Ho fatto precedere questo articolo da "La soft-proof, possibilità e limiti" che invito ad andare a leggere unitamente a questa pagina del nostro sito dove si spiega il funzionamento delle Joboption.

Nell'articolo sulla soft-proof si sostiene che se un sistema è allineato è possibile vedere a monitor il risultato di stampa. Tra l'altro la soft-proof, che non ha i costi di una prova contrattuale colore in genere è limitata al FOGRA39 o FOGRA51 e solo in rari casi al FOGRA47 o FOGRA52, mentre con la soft-proof posso vedere qualsiasi tipo di stampa di cui conosco/dispongo del profilo della caratterizzazione allargando a dismisura il mio ambito di previsione.

La soft-proof nasce come alternativa alla prova contrattuale colore ma il mio intendimento, che esplicito meglio oggi, era: vedo come viene e se non mi piace intervengo affinché il risultato stampa sia conforme alle mie aspettative. Ma come intervengo per essere certo che il mio lavoro sia preso in considerazione come richiesto senza ritrovarmi poi nel circolo vizioso segnalato nostro amico Leonardo?

Perché dovrei aver bisogno di tanti setup quanti sono gli stampatori?

Questa parte della domanda non ha nessuna base teorica, al contrario dimostra ancora una volta ciò che purtroppo è noto: non è ancora passato il concetto di procedura standard per la quale ISO ha fornito da tempo tutti gli strumenti per potersi capire nella filiera unicamente attraverso un PDF. Ma quel PDF dovrebbe essere di tipo X-4, quindi con un intento di output che rispecchia la condizione di stampa per la quale è stato creato: nella nostra attività di PDF/X-4, purtroppo, ne vediamo ben pochi!

Ciò significa che gli strumenti ci sarebbero, ma se non vengono usati, poi non ci si deve lamentare che i risultati sono diversi dalle attese. Voglio dire che di fronte ad un PDF/X-4 il grafico indica che ha creato un file per una condizione di stampa (semplifico: per carta patinata piuttosto che uso mano) e che si aspetta che i risultati siano conformi a quella condizione di stampa: nota e controllabile attraverso apposite scalette poste sul foglio di stampa. Sarà lo stampatore che dovrà preoccuparsi di ottenere i risultati attesi.

Al di fuori di questo non ci sono altre cose da sapere.

Sapendo che un PDF è il risultato dell'applicazione di una Joboption, abbiamo pensato di aiutare i nostri interlocutori predisponendone diverse nella convinzione che attraverso il nome possiamo dare una mano a scegliere quella più adatta. Ma al loro interno sono impostate nel modo più standard possibile e sono adatte sia per stampare in digitale sulle nostre Indigo che per andare in stampa in offset perché così deve essere la modalità standard di operare.

Generare un PDF corretto e consapevole è il compito del grafico nella filiera: se ogni figura fa correttamente la sua parte i problemi non esistono. Quindi una volta generato il PDF realizzato per la condizione di stampa dichiarata/richiesta non si dovrà preoccupare delle peculiarità dell'impianto dello stampatore. Stampatore che a sua volta avrà unicamente il compito di far si che le istruzioni certe contenute nel PDF arrivino sullo stampato come previsto, tanto che alla misurazione dovranno stare all'interno delle tolleranze previste.

Un esempio preso dal mondo reale

Prendiamo il caso di un difetto sul magenta e vediamo cosa può succedere, nella pratica, quando qualcuno NON fa la sua parte.

Avere il monitor in ordine per vedere correttamente i colori è compito del grafico. Poniamoci nella condizione che il nostro grafico lavora con un monitor che fa vedere scarico ciò che si troverà nel canale del magenta. È un virtuoso di Photoshop ma non avendo una formazione di fotolito, come è normale, si fida di quello che vede e non andrà certamente a guardare i valori che trova nella palette dei canali, anche perché, probabilmente, quei numeri non gli diranno nulla. Ed è anche giusto che, oggi, sia così.

Non sappiamo se lavora in RGB o in CMYK, ma non ha nessuna importanza rispetto a quello che voglio sostenere. Ritoccando le immagini si ritroverà quindi a caricare in modo eccessivo i canali che porteranno i colori nella separazione del magenta. Il suo PDF, soprattutto se sarà fatto con tutti i crismi, sarà sbagliato nel canale del magenta e questa è una sua responsabilità.

IL PDF arriva allo stampatore il quale, come molti, ha proprio un problema sul cilindro del magenta tale per cui quel colore in stampa si carica oltre il dovuto. Qualsiasi PDF che quello stampatore riceve avrà come risultato che la stampa tira al rosso. Quando stamperà il PDF del nostro grafico il risultato sarà, probabilmente, inguardabile. Se, per contro, la macchina del nostro stampatore avesse il magenta scarico oltre le tolleranze, il lavoro sarebbe probabilmente venuto bene, anche se per pura fortuna. Proseguendo con la nostra storia si verifica la necessità di fare una ristampa che, per vari motivi viene realizzata da uno stampatore diverso che ha un impianto ben calibrato. Non ci vuole molto a capire che il lavoro sarà carico di magenta e che il grafico avrà buon gioco a incolpare il nuovo stampatore per lo scarso risultato estetico causato da un eccesso di magenta, forte del fatto che con lo stesso PDF aveva ottenuto una stampa equilibrata.

In questo esempio ci sono molti degli elementi che si verificano nelle quotidiane contestazioni colore. Questo PDF, sbagliato, è una mina vagante, soprattutto per l'ultimo stampatore che, con l'impianto ben calibrato si trova contro tutte le evidenze.

Non crediate che sia un caso immaginario: ho costruito l'esempio su un fatto reale che ci è capitato la settimana scorsa. Noi eravamo quelli della ristampa. Una situazione molto difficile da sostenere, ma il controllo che abbiamo sulle macchine e le competenze colore ci hanno consentito di essere tanto credibili da pretendere, e ottenere, un nuovo PDF col quale la stampa che inizialmente era carica di magenta, col nuovo PDF, è venuta come previsto.

Il percorso virtuoso (che è anche il più semplice nella filiera)

La domanda iniziale del nostro interlocutore sottintenderebbe che il problema del cilindro difettoso del magenta dello stampatore se lo debba prendere in carico lui con un set-up specifico, cosa che non sta da nessuna parte. Intanto non so con quali strumenti (visto che si tratta di un grafico e non di un operatore di prestampa che potrebbe intervenire con software specifico) e poi sarebbe la negazione del buon senso. Se hai un problema che può interferire sul lavoro altrui lo devi risolvere tu! Esattamente come il problema dell'eccesso di magenta nel file lo deve risolvere il grafico.

Come?

La risposta è anche semplice: portare il proprio sistema alla situazione standard che per il grafico è calibrare il monitor e generare il PDF per la condizione prevista e per lo stampatore modificare la curva CTP per correre dietro al proprio difetto.

Non c'è altra possibilità. Se il grafico non ha la strumentazione per calibrare il monitor e non può permettersela dovrà o cambiare mestiere o studiare fino al punto di conoscere con quali combinazioni RGB o CMYK si ottiene un determinato colore e invece che guardare il risultato cromatico visivo guarderà ai numeri. Idem lo stampatore, se il suo CTP non riesce a correre dietro al difetto del cilindro, deve mettere a posto la macchina. Se non ha i mezzi, deve cambiare mestiere, oppure adeguarsi a stampare solo testi in bianco e nero o dei prodotti che non abbiano nessuna pretesa di qualità.

Purtroppo la mancanza strutturale di conoscenze, in particolare sul colore, è così diffusa che non possiamo pensare di far cambiare mestiere a professionisti che, su altri ambiti, per esempio la creatività, esprimono veri talenti. E d'altra parte il problema non nasce da loro, ma da una scuola che non è stata in grado di dare un minimo di base formativa.

Ecco allora la ricerca, anche nostra, di fornire strumenti che agevolino il lavoro in attesa che nasca e si rafforzi una formazione adeguata che parte dalla scuola.

Le Joboption corGae

Tra questi strumenti possiamo mettere le nostre Joboption. Rispondono a due concetti: il momento della conversione e il tipo di conversione. Se la filiera avesse la necessaria competenza ne servirebbe solo una: corGae_FOGRA51_X-4_qualità.joboption e, al limite, neppure quella, ma semplicemente lo standard del software di creatività grafica che già esiste ma non ne vediamo l'uso nei PDF che ci arrivano tanto che sembrano fatti, il più delle volte, come capita.

Vediamo allora perché abbiamo pensato di agevolare i nostri interlocutori facendo 4 Joboption e, soprattutto, spiegando in questa pagina del nostro sito cosa sono, e in questa come si installano.

Come ripetiamo in ogni occasione noi siamo per la conversione tardiva delle immagini (Late Binding, realizzata cioè nell'impianto dello stampatore) e corGae_FOGRA51_X-4_qualità.joboption rispetta questa impostazione. Le immagini sono caricate nel documento digitale in RGB con profilo e restano tali nel PDF. Questo perché se andranno in stampa su una periferica con ampio Gamut (per esempio una Indigo o un plotter a 6/8/12 colori) avranno a disposizione un Gamut maggiore rispetto a quello che avrebbero se fossero state convertite in CMYK per l'offset in Photoshop (Early Binding) oppure durante la generazione del PDF (Intermediate Binding).

Poiché siamo coscienti che esistono ancora delle resistenze a manipolare file RGB, abbiamo messo a disposizione, principalmente a beneficio dei nostri colleghi/competitor stampatori offset, corGae_FOGRA51_X-4_CMYK.joboption. Questa converte in destinazione, mantenendo i numeri, e la destinazione è PSO Coated v3=FOGRA51. Ciò significa che nel momento della generazione del PDF, se nel documento digitale di creatività/impaginazione ci sono delle immagini RGB queste vengono convertite in CMYK verso PSO Coated v3=FOGRA51, se ci sono dei file CMYK con profilo PSO Coated v3 non succede nulla, ma non avviene nessuna conversione neppure se le immagini fossero con profilo ISO Coated v2=FOGRA39 visto che è attiva la impostazione "mantieni i numeri". Stessa cosa, evidentemente, se le immagini sono senza profilo.

E qui c'è un forzatura, che in genere non crea problemi, ma potrebbe non essere la condizione colorimetrica migliore. Mantenere i numeri significa che viene rispettato tutto il lavoro che è stato fatto in fase di conversione in Photoshop, per esempio sul canale del nero mentre convertire significa passare dai 4 canali CMYK ai 3 L*a*b* per poi tornare a 4 CMYK, ma con una ricetta che non rispecchia mai esattamente certi attributi che erano stati appositamente voluti. E questo può riguardare il canale del nero, ma anche la pulizia di certi fondi piatti che, sottoposti a conversione cambiano la loro composizione. Per esempio un bordeaux 70M 60K a due colori in PSO Coated v3 diventa 27C 89M 15Y 36K se convertito in PSO uncoated v3 così come un blu notte 70C 80K a due colori in PSO Coated v3 diventa 100C 32M 13Y 60K, quindi a 4 colori, in PSO uncoated v3

D'altra parte questa scelta è apparsa, alla luce della nostra esperienza, la meno peggio. Questo per dire che chi ha competenze colore saprà prendere le decisioni migliori, chi invece già si è perso in questa discussione non ha i mezzi per fare di meglio. Per cui se proprio vuole lavorare in CMYK, perché nel suo mondo tutti sostengono che è meglio, e non ha la competenza per dominare il flusso usi quella modalità e si accontenti.

Le joboption corGae_FOGRA39_X-1a_CMYK e corGae_FOGRA39_X-4_CMYK non si dovrebbero usare perché FOGRA39 non ha più diritto formale di cittadinanza nel nostro mondo. Poiché al momento in cui scrivo è certamente più diffuso di FOGRA51 le abbiamo fatte. Se si usa FOGRA39 vuol dire che siamo di fronte ad una filiera obsoleta e allora meglio usare quella che produce PDF/X-1a che, seppur rischia di abbassare la qualità appiattendo le trasparenze (sempre più presenti nei nuovi elaborati grafici), è meno rischioso se il PDF verrà elaborato in un RIP vecchio.

Dal PDF del grafico alla prestampa/stampa

Indipendentemente dal tipo di PDF che genera il grafico, dal lato stampatore possono succedere 3 cose:

  • non c'è competenza colore e i settaggi sono stati impostati dal venditore dell'attrezzatura quando è stata montata tanti anni addietro: saranno stati sicuramente "segati" i profili e quindi meglio che non ci siano immagini RGB, mentre il fatto che le immagini CMYK siano definite unicamente con i "numeri", cioè in pratica senza profilo, non modifica in nulla l'elaborazione.
  • come sopra, ma l'impianto è recente: forse c'è un po' di gestione colore, nel senso che gli RGB vengono probabilmente trattati bene, ma per il resto non è dato sapere nulla. Quello che succede è totalmente imprevedibile e quindi ci si deve accontentare di quello che viene, che può anche essere gradevole. Pensare di fare una ristampa e ottenere gli stessi colori in un impianto diverso, seppure con lo stesso PDF, è pura utopia.
  • c'è competenza colore e quindi qualsiasi file verrà trattato al meglio. Se la combinazione PDF del grafico e impianto stampa saranno disomogenei tra FOGRA39 e FOGRA51 la conversione avverrà quasi sicuramente attraverso device link e non ci sarà nessuno dei problemi che potrebbero insorgere con una conversione fatta dal grafico in modo inopinato in fase di generazione del PDF. Nonostante questi accorgimenti nell'impianto stampa, il risultato sarà conseguente al contenuto del PDF e a come è stato generato e quindi, se generato male, potrebbe anche dare origine ad un prodotto non eccellente nonostante la comprovata capacità di gestire il colore.

Fortunatamente laddove ci sono competenze colore c'è anche la consapevolezza della scarsa dimestichezza che ha la filiera sull'argomento per cui, di norma, chi gestisce un tale tipo di impianto si pone all'ascolto del proprio cliente anche perché sa che la discussione che potrebbe scaturire da una contestazione non porta a nessun costrutto. Se faccio riferimento al nostro comportamento, tra l'altro semplificato dalla nostra tecnologia digitale, noi ci organizziamo perché il risultato sia certamente coerente con quanto c'è nel file, ma anche gradevole. Se al controllo della prima copia di stampa ci rendiamo conto di una qualità scarsa mettiamo in pista tutti gli accorgimenti capaci di migliorarla. Se sappiamo che il nostro cliente non ha particolari competenze sul colore (e lo si vede agevolmente dal PDF che ha mandato che quasi sempre è quello che capita) neppure lo avvisiamo perché l'unico probabile risultato sarebbe di creare fibrillazioni inutili. Se, per contro, il nostro interlocutore sa il fatto suo, allora si apre una discussione tecnica finalizzata a capire se c'è stata una operazione impropria e come modificare le cose per migliorare la qualità.

Uno stampatore offset è meno agevolato perché non può fare una copia di prova senza costi esorbitanti, ma potrà comunque avere la percezione della qualità del PDF con mirate prove colore contrattuali su pagine significative.

Errori da evitare = pratiche da semplificare

Con quanto abbiamo appena detto è evidente che se io genero un PDF in FOGRA39 non sto lavorando al meglio solo perché sarebbe ora che tutta la filiera passasse al più moderno FOGRA51. Nonostante questo "peccato originale" e posto che il PDF sia coerente con la destinazione di stampa ogni impianto dove non c'è competenza colore fornirà un risultato diverso e imprevedibile. Per contro dove c'è competenza colore la situazione sarà sempre gestibile. Se lo stampatore lavora in FOGRA39 userà i file tal quali, se lavora in FOGRA51 userà i suoi strumenti per far si che la stampa venga al meglio.

Per quanto riguarda la nostra azienda corGae di stampa digitale Indigo, se non ci viene richiesto di limitare la stampa a uno standard FOGRA (cosa che possiamo fare visto che la nostra macchina è certificata ISO 12647-2:2013 dal TÜV Sud per FOGRA39, FOGRA47, FOGRA51 e FOGRA52), per il fatto che abbiamo un Gamut più ampio i riferimenti offset non valgono. Non per questo non è possibile vedere in anteprima il risultato di stampa come spiegato nel precedente articolo "La soft-proof, possibilità e limiti". Oltre alla soft-proof è prassi gradita produrre un print-one, cioè una stampa di prova che è uguale a quella di produzione.

A questo punto risulta evidente che lo sfogo sconsolato del nostro lettore non ha motivo di esistere. Non esiste che io, grafico, debba avere un set-up per ogni specifico impianto stampa.

Non deve essere il grafico che si deve preoccupare delle deficienze, o delle eccellenze, di un impianto stampa: lui deve produrre un file adatto e poi sarà compito dello stampatore far sì che il prodotto sia conforme allo standard (e magari eccellere rispetto allo standard).

Tutto il resto sono discussioni da bar che non hanno nessun fondamento e non possono portare alla qualità intesa come la capacità di ottenere un prodotto misurabile e ripetibile entro determinate tolleranze.

I suggerimenti ISO

ISO ha lavorato sullo specifico argomento dei ruoli nella filiera a partire dal 2015 producendo inizialmente il Technical Report TR 19300. Una sintesi di questo documento la trovate come appendice del TAGA.DOC.18 ovvero le "Clausole e regolamentazione del settore grafico (Prestampa, Stampa, Legatoria e Cartotecnica/Packaging) di cui potete scaricare da qui la versione commentata.

Per agevolarne la diffusione, quello che era nato come TR 19300 è stato trasformato nel 2019 in un documento gratuito scaricabile da qui. Purtroppo non ha avuto ampia diffusione visto che è quasi per caso che sono venuto a conoscenza di questa versione divulgativa. Spero con questo articolo di aumentarne la diffusione.

Ciò che qui interessa mettere in evidenza è che se si vuole ottenere un prodotto di qualità è necessario progettarlo fin dall'inizio per quello che dovrà essere come stampato confezionato in mano al fruitore, e applicare in tutta la filiera le pratiche specifiche per ottenere ciò che si è progettato: niente di più e niente di meno.

Quindi non ci dovrà essere un setup per ogni stampatore, che equivale a riconoscere che, alla meglio, almeno tutti meno uno non stampano a norma, ma un set-up per ogni tipo di caratteristica di lavoro. All'interno di questo ci possono poi essere delle modalità operative, per esempio l'uso di immagini RGB con profilo che vanno sempre bene in quanto assumeranno le caratteristiche dell'output quando andrà realizzato (Early, Intermediate o Late Binding).

Ruoli e responsabilità per ottenere il risultato atteso

Facciamoci aiutare dal documento ISO. In esso l'aspetto principale è la definizione dei vari attori della filiera per ognuno dei quali vengono descritti ruoli responsabilità verso i quali ci deve essere un comportamento coerente con le specifiche del progetto.

Vediamo chi sono questi attori:

Print Buyer - Colui che acquista prodotti stampati singoli o coordinati. Ha la responsabilità di comunicare le specifiche di un progetto grafico in modo consistente con gli standard di produzione.

Grafico - Colui che pianifica l’aspetto e/o la struttura di un progetto grafico, prima che venga prodotto. Il suo ruolo non è coperto dagli standard dell’ISO/TC130, affermazione che vale per la parte progettuale perché per quella esecutiva (normalmente fatta dallo stesso individuo) si configura un ruolo diverso (l'operatore di prestampa descritto qui sotto) che, invece, è normato ed è un po' la chiave di volta del successo o meno dell'ottenimento di quella specifica attesa di stampa.

Operatore di prestampa - Una persona o un’organizzazione che rende un progetto grafico stampabile verso uno specifico processo di stampa. Ha la responsabilità di assicurarsi dell’integrità dei dati ricevuti, fornire dei file digitali o delle lastre verificate e pronte per la stampa. Ha inoltre la responsabilità della comunicazione tra i vari attori della filiera in modo che non ci siano problemi tecnici tra la parte creativa e le indicazioni ricevute dallo stampatore.

Stampatore - Una persona o un’organizzazione che stampa il progetto grafico su uno specifico e definito processo di stampa. Ha la responsabilità di seguire gli standard ISO per la produzione oppure di seguire gli accordi presi tra le parti, assicurandosi che la variabilità del processo sia sotto controllo con le tolleranze desiderate. Ha inoltre la responsabilità tecnica di usare supporti e inchiostri compatibili con le specifiche e di comunicare all’operatore di prestampa e/o al grafico e/o al print buyer eventuali differenze tra il prodotto stampato e le prove di stampa ricevute.

Operatore di post-stampa - Una persona o un’organizzazione che si prende cura degli aspetti finali della comunicazione stampata, ricevendo materiale sul quale applicare finiture, assemblaggi, legature o conversioni. Ha la responsabilità di seguire gli standard ISO per la produzione oppure di seguire gli accordi presi tra le parti, assicurandosi che la variabilità del processo sia sotto controllo con le tolleranze desiderate, comunicando agli altri attori preposti riguardo a difetti nel materiale ricevuto.

Pur definendo puntualmente tutte le varie figure e i rispettivi ruoli il documento segnala che non esiste un “flusso di lavoro ISO”: cioè l'ente di standardizzazione internazionale dichiara che non è in grado di rispondere a Leonardo nel modo che probabilmente gradirebbe e cioè che come grafico faccio il PDF che capita e gli altri debbono capire quello che io vorrei ottenere, ma che non dico loro, e quindi si debbono adeguare a prescindere.

Adeguarsi a cosa verrebbe da chiedersi? Visto che nel PDF che capita non c'è nessuna informazione circa i miei desideri di progettista.

Quello che ISO può fare, e ha fatto, è fornire delle norme per singolo specifico processo cui attenersi.

Non c'è un modo che va bene a prescindere

Se guardiamo attentamente al ruolo delle singole figure noteremo che nessuno è esentato dal conoscere esattamente ciò che si vuole ottenere e che per tutte le figure c'è un punto/momento in cui deve fare riferimento al termine specifico. Detto con parole diverse: non esiste una modalità che va sempre bene. Tutti debbono sapere cosa vogliono ottenere e il loro comportamento deve essere conseguente rispetto alla specificità richiesta. Da cui discende che non si può pensare di fare una produzione di qualità se non si preparano i file in modo adeguato e non si sa chi lo stamperà e, soprattutto, come.

Quanto ricordato in modo sconsolato da Leonardo: Ho molti stampatori, per materiali stampati diversi con la stessa immagine, come faccio ad attribuire ad ogni pdf il setup di ogni stampatore? ha come unica risposta: debbo sapere che prodotto dovrò ottenere e, quindi, come sarà stampato e, quindi, dovrò generare un PDF di conseguenza. Sarà un PDF standard X-4 col corretto intento di output e con all'interno oggetti e immagini preparate in modo conforme. Se non voglio avere tante immagini quanti i sistemi di stampa che dovrò utilizzare sarà sufficiente che uso immagini RGB con profilo.

Detto in sintesi, se come grafico non vorrò avere sorprese, dovrò:

  1. realizzare la mia creatività con un monitor calibrato
  2. avere la capacità di simulare una soft-proof per ogni sistema di stampa che andrò ad utilizzare (in pratica disporre del profilo di output e impostare correttamente il software)
  3. generare un PDF X-4 coerente col progetto
  4. lavorare con uno stampatore che dal mio PDF standard ISO sarà in grado di ottenere una stampa standard ISO.

Attenzione ai fraintendimenti

Ciò che ho appena detto rischia di stridere con l'armamentario di software di cui, con più o meno competenza, tanti stampatori e le relative pre-stampe si sono dotati, in particolare il repurposing. Si tratta però di strumenti che dovrebbero servire per portare il proprio impianto a stampare secondo lo standard atteso e non a stravolgere i file per stampare meglio un lavoro previsto in carta patinata e poi dirottato in uso mano, o viceversa.

Quindi se non si vogliono avere differenze sostanziali su una stessa immagine occorre preparala per l'attesa di stampa prevista (oppure lasciarla al suo massimo Gamut in RGB). Occorre altresì non stupirsi se, per esempio, una immagine scura ha un risultato molto diverso rispetto ad una immagine chiara se stampata in patinata piuttosto che in uso mano come spiegato nel volumetto Cosa succede ora che abbiamo il FOGRA51 dalle pagine 106 a 117 di cui si può scaricare gratuitamente il PDF da qui.

L'aspetto più interessante di questa pubblicazione è il confronto con lo stampato fisico (purtroppo praticamente esaurito). Le immagini in simulazione offset sono CMYK mentre quelle in stampa nativa Indigo sono RGB. Volutamente non sono state lavorate per la specifica condizione di stampa perché si voleva mostrare come uno stesso colore nel file avrebbe portato a risultati stampa diversi (non per questo sgradevoli).

Quindi se guardiamo il PDF, nel quale l'immagine per l'offset patinata è la stessa usata per l'uso mano (così come le due per la stampa Indigo) si rischia di non capire il contenuto delle didascalie che descrivono differenze che in quei file non ci sono in quanto tutti i pixel sono gli stessi, ma si materializzano in stampa e rispondono esattamente al risultato atteso dalle caratterizzazioni ISO specifiche (cioè da quello che si può vedere con una soft-proof).

Cosa vuol dire mantenere un ampio Gamut nelle immagini e a cosa serve

Sostengo da sempre che per ottenere il miglior risultato cromatico da una periferica di stampa le immagini nel file debbono essere RGB con profilo. Ma cosa significa questa affermazione visto che un'immagine Adobe RGB (1998) ha un Gamut di 1.306.820 ΔE e quando la mando in stampa sarà "compressa" in

  • 393.479 ΔE per FOGRA51 (402.279 ΔE per FOGRA39)
  • 436.790 ΔE per corGae_IndS3_SFS_M1_p1 = Indigo su patinata
  • 163.565 ΔE per FOGRA52 (172.428 ΔE per FOGRA47)
  • 283.551 ΔE per corGae_IndS3_ARS_M1_p1 = Indigo su uso mano

Significa che se converto una immagine da RGB in CMYK/FOGRA51 avrò, in destinazione, informazioni colore per 393.479 ΔE per cui se la stampo in Indigo perdo 436790 - 393.497 = 43.311 ΔE perché non ho all'interno del file gli L*a*b* che li possono descrivere e quindi non potrò derivare con quali percentuali di C, M, Y e K si può ottenere quel colore. E si tratta in larga misura dei colori più saturi. Se invece avessi lasciato l'immagine RGB il RIP avrebbe potuto lavorare su un Gamut molto più ampio, ma soprattutto la conversione avrebbe potuto preservare quei colori, in particolare verdi e rossi, che sono presenti in Indigo ma non nel profilo PSO Coated v3=FOGRA51.

Se poi faccio il confronto con la uso mano i ΔE persi sono molti di più e pari a 283.551 - 163.565 = 119.986 ΔE.

Se questi numeri - che rappresentano la sintesi del nostro ragionamento e che graficamente ruotano tutti attorno alle immagini qui sotto - risultano incomprensibili consiglio di andare a scoprirne il significato sul volumetto Cosa succede ora che abbiamo il FOGRA51 da pag. 1 a pag. 70.

Estetica e attesa di stampa spesso scollegati

Se è vero che è raro imbattersi in PDF/X - quindi adatti per l'attesa di stampa sulla quale il grafico ha lavorato anche se non lo ha formalizzato - è altrettanto vero che sono tantissimi i lavori ben fatti dal punto di vista estetico sia dell'impaginazione che del trattamento delle immagini nonostante sia stati chiusi nel PDF che capita.

Questo per dire che se anche i PDF non sono perfetti dal punto di vista formale, non per questo il lavoro non potrà essere eccellente. Aver fatto un PDF/X coerente avrebbe certamente migliorato la comprensione ed aiutato ad evitare qualsiasi incomprensione e contestazione non tanto perché un lavoro predisposto con un PDF/X è esente da contestazioni, ma perché se è stato fatto in quel modo significa che c'è dietro un background conoscitivo che, quello si, evita le contestazioni.

Questo per dire, altresì, che non va confusa la modalità di preparare i file col possibile risultato che si ottiene dalla stampa relativa. Se non sarà possibile portare le zone d'ombra dell'immagine scura del deserto citata più sopra stampata su uso mano alla cromia di quella sulla patinata, un buon fotoritocco può migliorare quella immagine, cosa che un buon PDF/X, ottenuto unicamente con le conversioni standard, non riuscirà ad ottenere (non al livello che si può ottenere con un fotoritocco cromatico e sul contrasto).

Collegare estetica e attesa di stampa

Ecco allora che l'unica ricetta per ottenere la qualità, intesa come un un prodotto misurabile e ripetibile entro determinate tolleranze, è quella di saper combinare il talento creativo e tecnico di una bella impaginazione e/o di un buon fotoritocco con la competenza di saper chiudere tutte queste informazioni in un PDF/X capace di raccontare non solo l'estetica ma anche le condizioni di stampa che si sono immaginate perché quella creatività estetica esprima al meglio il progetto che ci sta sotto.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

Mi rendo conto che la mia risposta probabilmente sarà poco gradita perché è una serie di bacchettate su ciò che sono i comportamenti abituali, spesso sbagliati, di tanti operatori, ma questa è la situazione. Sono tali e tanti gli aspetti che possono modificare la visione di una immagine (primo fra tutti il Gamut della caratterizzazione sulla quale avviene la stampa e di cui qui a lavo vediamo i pricipali) che non è possibile dare una risposta semplice. Anche perché è proprio la complessità del nostro mestiere che consente ai più preparati di eccellere. Quelli che hanno ben chiaro che un risultato di stampa non dipende semplicemente da un progetto estetico su una indefinita macchina, ma da una triade ben individuata costituita dallo strumento hardware sul quale avviene la stampa, dal supporto e dagli inchiostri.

E saper lavorare sulla scelta oculata di ognuno di questi elementi può fare la differenza.

Le ISO ci danno le specifiche colorimetriche delle principali caratterizzazioni, alcuni stampatori, tra i quali noi, le caratterizzazioni della propria macchina da stampa su specifici supporti, alcune Cartiere i profili dei loro supporti (anche se spesso incompleti circa le condizioni di stampa, il che equivale ad avere poco più del nulla).

Il profilo che noi forniamo della nostra macchina non serve per fare conversioni (anche se può servire), ma unicamente per vedere il risultato di stampa attraverso la soft-proof che lo prevede come output. Le immagini infatti le consigliamo in RGB ad ampio Gamut (Adobe RGB 1998 o, ancora meglio eciRGB v2 - vedi qui il perché).

Esacromia, eptacromia e colori Spot

È vero che queste modalità di stampa non sono molto usate nella pratica e per fortuna perché tutto quello fin qui detto non è applicabile, almeno al momento.

Intanto non è sempre vero che con la soft-proof si vede il risultato di stampa, semplicemente perché Photoshop non sa mostrare un display corretto fuori da RGB, CMYK e colori Spot (purché non miscelati con la quadricromia).

Non è neppure vero che fatto un PDF/X standard (cioè con la corretta dichiarazione dei 6 canali) potrò stare tranquillo che la stampa avverrà in modo standard, semplicemente perché non c'è uno standard ISO che definisce i primari delle due tecniche maggiormente in uso che sono Hexachrome® della Pantone® e IndiChrome® di HP Indigo.

Per non parlare dei colori Spot, che in Italia sono principalmente i colori Pantone®. Qui siamo ancora piuttosto indietro perché gli standard della serie ISO 12647 non mi risulta se ne siano ancora occupati (a parte 12647-7 per le prove colore).

Se attraverso le specifiche CxF possiamo comunicare le cromaticità attese, il problema del controllo è complicato dal fatto che per allineare la visualizzazione monitor di questi colori col risultato su carta è necessario fare un set-up della macchina da stampa per ogni singolo Pantone® come documentato in questa pagina del sito corGae.

Il fatto che non esistano gli strumenti abituali non significa che questo tipo di stampa non è controllabile. Per quello che riguarda il nostro impianto noi abbiamo una procedura completa con ampia documentazione sul nostro sito capace di ottenere l'ampliamento del Gamut con numerose modalità. Innanzitutto abbiamo prodotto e distribuiamo gratuitamente profili di separazione in:

  • pentacromia CMYKO, CMYKG, CMYKV
  • esacromia CMYKOG=Hexachrome® e CMYKOV=IndiChrome®
  • eptacromia CMYKOGV

e poi, proprio perché sappiamo che i nostri interlocutori non possono avere riscontri monitor affidabili, proponiamo un print-one sul quale si potranno fare interventi "alla vecchia", cioè sulle singole immagini andando a modificare la forza nei canali.

Morale

Non si scappa dalla mancanza di professionalità. Se il progetto di stampa è un volantino senza pretese allora può andare bene qualsiasi cosa, ma se si vuole ottenere il prodotto atteso, quello che possiamo correttamente vedere a monitor con una corretta soft-proof non c'è altra strada che sapere quello che si fa (o che si deve fare).

È dalla sinergia tra attori di una piece nella quale ognuno conosce ed esegue il proprio spartito che si può ottenere un prodotto armonioso senza particolari sforzi.

Nessuno deve preoccuparsi delle possibili deficienze altrui ma fare unicamente e semplicemente la propria parte fino in fondo.